Patan è una delle tre antiche città-stato della valle di Kathmandu, fisicamente separata dalla capitale dal fiume Bagmati ne risulta unita in un unico agglomerato urbano. Se capita l’occasione di visitare Patan vale la pena fermarsi non solo al palazzo reale e agli altri innumerevoli templi del centro storico ma perdersi verso sera tra le piazzette minori, nella miriade di cortili affiancati gli uni agli altri, separati da case di mattoni rossi schierate come tante cornici di quadri fissate alla parete di una bottega d’antiquario. Invece delle finestre le case hanno persiane incernierate agli stipiti di legno riccamente cesellato, reso grigio dal tempo. Accanto alla Durbar Square il cuore della città vecchia ricorda la Napoli dei bassi, dove al dedalo di viuzze si contrappone un gioco ad incastro di corti di ogni forma e dimensione a formare una sorta di tessitura frattale dove l’ordine emerge dal caos. Al centro dei cortili lastricati in pietra antica, la cui pianta quadrata richiama le forme geometriche sacre al buddismo, si trova invariabilmente un cenotafio o un piccolo chörten sovente ricoperto da fiochi lumi votivi. L’ultima luna d’agosto, durante uno dei tanti festival che iniziano appena dopo il tramonto, scomparse le schiere di turisti che durante il giorno invadono ogni luogo, le piazzette si animano, i cortili si riempiono di musici e i Newari di Patan cantano vecchie canzoni nell'aria immota e odorosa.
La vana corsa degli occidentali, perennemente in fuga da una vita insoddisfacente, assume per i buddisti l'aspetto di una fede che postula infinite rinascite, ciascuna in una diversa reincarnazione commisurata ai meriti acquisiti in questa o nelle vite precedenti, secondo la legge universale di retribuzione delle proprie azioni che regola il destino di ogni individuo, il Karma
La credenza nel karma induce la gente a sopportare con rassegnazione le sventure .... Il peccatore non è punito per i suoi peccati, sono questi a punirlo, di conseguenza non esiste il perdono e nessuno può concederlo. Il karma, nonostante il nome suggerisca un´entità autonoma, agisce in modo impersonale ed in maniera inesorabile. Si tratta di una proprietà delle azioni, che - a seconda della loro natura - inevitabilmente producono conseguenze avverse o felici. Possiamo considerarlo come l´interpretazione etica del principio di causa ed effetto. Le azioni dei santi che riescono a raggiungere l´illuminazione non proiettano più alcun karma, perché essi ormai sono liberi dalla Ruota e non rinasceranno più. Le tecniche per raggiungere questa conoscenza sono custodite nei sacri testi e nelle pratiche degli asceti, trasmessi da maestro a discepolo nel silenzio dei romitaggi, nella verità dell´esperienza diretta. Scacciati dall´India, gli insegnamenti del Buddha trovarono nuova forza ed alimento in Cina, dove nel sesto secolo il patriarca Bodhidharma fondò la setta della meditazione (Ch´an) che avrebbe poi dato origine in Giappone al buddismo Zen (con tutto l´inevitabile corredo di miseria e sofferenza unito alle gioie effimere ed ai fugaci amori. Il saggio è colui che tutto accetta e nulla brama. Quante volte abbiamo visto l´enigmatico sorriso del Buddha sui volti di ...) Nell'età in cui si crede ancora che gli esseri siano insostituibili.
L´ottuplice via indicata da Siddharta Gautama, il Buddha, non è semplicemente una ricetta per il nirvana quanto una Via praticabile per raggiungere la liberazione dal dolore e dalla sofferenza in questa vita ricorrendo non tanto al sacrificio e all´astinenza ma consapevolmente rinunziando a desiderare. Il Dharma, cioè la dottrina diffusa dal Buddha, predica una sorta di via di mezzo fra l'atarassia e la rinuncia all´affannoso attaccarsi alle vicende della vita, negando la coscienza e la materia, l´oggetto ed il soggetto, l´anima e la divinità. Se per le Upanishad il cosmo è il sogno di un dio, per il buddismo esiste un sogno senza sognatore e dietro il sogno non c´è nulla. L´universo è, alla lettera, il Nulla, il Mu dello Zen. L´estinzione della Sete, il raggiungimento del Nirvana, è una condizione raggiungibile anche nel corso dell´esistenza e consiste non nella scomparsa della coscienza, ma dei peccati capitali come l´ignoranza, la bramosia, la vanità. La meta a cui tendere consiste non solo nell´annientamento delle passioni ma anche di quell´ente ineffabile da molti ritenuto la più intima e irrinunciabile essenza: l´anima. La liberazione dalla schiavitù delle passioni è ovviamente la parte più ardua del Dharma, dove la ricompensa finale consiste non già nella felicità ma nel distacco dal ciclo delle vite, nell´annullamento definitivo. Una delle profonde differenze tra i preconcetti che ci modellano, un altro modo di chiamare la nostra identità culturale, ed il buddismo hinayana è questa promessa di liberazione definitiva, innovazione che dovette essere dirompente anche per l´oriente antico, tanto è vero che nei secoli successivi si affermò la setta mahayana (la Via Graduale alla salvezza) in cui il cammino verso la liberazione viene prospettato secondo modalità meno individuali, che lasciano spazio alla mediazione dei monaci e dei lama seguendo una lenta progressione che, senza troppa fretta, concede tempo per numerose rinascite. La fede nella trasmigrazione è così radicata che a nessuno è venuto in mente di dimostrarla, contrariamente a quanto accade nel cristianesimo, che abbonda in prove inoppugnabili dell´esistenza di Dio. Il buddismo e le dottrine da esso derivate come il lamaismo hanno ereditato la fede nella reincarnazioni senza metterla in discussione ma proponendo una via di scampo al vortice immutabile delle reincarnazioni. I popoli montanari hanno fama di essere conservatori e questa regola è confermata anche in Tibet, dove il buddismo mahayana giunse relativamente tardi, profondamente trasformato dalle credenze magiche indiane e dalle preesistenti fedi sciamaniche. Una specie di selezione naturale ha dato origine ad una religione singolare che è stata paragonata al cattolicesimo per la sua struttura gerarchica e la fede in un'anima individuale oltre che per essere popolata da inferni, demoni, spiriti e quant'altro. La tradizione vuole che dall'India arrivò un mago, di nome Padmasambhava (Guru Rinpoche), portando con sé il sapere dei tantra. Questo corpo di conoscenze segrete, il cui accesso è coperto dal più rigido veto iniziatico, è costituita da una serie di testi esoterici e da pratiche che consentono all'adepto di percorrere una sorta di scorciatoia verso l´illuminazione, via breve se paragonata alla Via Graduale del buddismo mahayana. Il curioso che voglia esplorare una scheggia del lungo cammino dell´anima può consultare il Libro Tibetano dei Morti. Un altro testo mistico tibetano, di lettura più agevole, è il poema che s´intitola La Legge del Buddha tra gli uccelli, ghirlanda preziosa. In una delle strofe il gallo dice:
Il compiere azioni mondane non ha fine.
Nella carne e nel sangue non c´è stabilità.
Mara, Signore della Morte, non è mai assente.
L´uomo più ricco se ne va solo.
Siamo obbligati a perdere coloro che amiamo.
Dovunque guardiate, nulla v´è di sostanziale.
Mi comprendete?
La trasmissione del Tantra può avvenire solo in modo diretto, personalmente da maestro a discepolo. Attraverso pratiche yogiche che comprendono rituali, meditazioni, recitazioni di mantra (formule magiche), di mudra (invocazioni gestuali simboliche), composizione di mandala (diagrammi esoterici), l´adepto giunge a dominare le energie sottili del corpo e della mente ed a risvegliare l´inclinazione alla buddhità insita in ogni essere vivente. Ad ogni suono, postura, formula, corrispondono concetti ed energie che costituiscono una vera e propria retorica metafisica da applicarsi nella direzione della liberazione. L´acquisizione di questo dominio sullo psicofisico porta a controllare poteri superumani quali la levitazione, la telepatia e altre qualità straordinarie che, per quanto strabilianti, non sono altro che puri accidenti, effetti collaterali del Bodhisattva sulla via dell´illuminazione. I grandi monasteri tibetani destinavano intere università monastiche allo studio del Tantra e per far questo era tradizionalmente insegnata oltre alla logica ed alla retorica, anche l´importantissima arte della memoria. La capacità di concentrazione assoluta e la pratica costante della meditazione unita allo studio in assenza di distrazioni fa sì che i giovani studenti sviluppino grandemente la loro potenzialità mnemonica. Ancora oggi, nei monasteri, i novizi si affrontano a colpi di citazioni letterarie ed è assolutamente normale per un giovane lama avere al suo attivo una biblioteca mentale di numerosi volumi interamente mandati a memoria.
Dicembre 1991