Cosa sarà mai l'Azawad?
Solo i più attenti si sono imbattuti in questo termine, spuntato fuori all’improvviso qualche mese fa, tra i pochi notiziari di buona volontà e i siti internet dedicati al Continente Nero. Riguarda le ultime vicende di una delle tante guerre civili africane dimenticate: quella del Mali, da più di vent’anni vessato nei territori del nord-est da tensioni, ribellioni, battaglie tra le popolazioni a maggioranza Tuareg e il governo centrale. Quando ho visitato il Mali più di 10 anni fa, la situazione era apparentemente tranquilla e il viaggio si poteva spingere sino alla mitica Timbuctu (Tombouctou), meta agognata da tutti i viaggiatori. Ma per proseguire oltre Timbuctu, addentrandosi nel deserto lungo il fiume Niger fino a Gao, la vecchia capitale dell’impero Songhai, il percorso era già ad alto rischio, a causa degli assalti di bande di predoni formatesi dopo la rivolta Tuareg del 1990. Grazie alla sagacia e alle doti di mediazione di Giuseppe, un alpinista bolognese innamorato del deserto, si riuscì a organizzare un convoglio di turisti italo-olandese, sufficiente a convincere la polizia a dare l’assenso ed effettuare la traversata.
Ricordo un ambiente desolato, con tratti misti di Sahel e Sahara nel quale la lama azzurra del fiume Niger affondava nelle sabbie tra miserabili capanne e pochi manipoli di pastori. Caldo di giorno, freddo di notte. Dopo tre giorni di piste, percorse senza soste, arrivammo a Gao.
Delle vecchie glorie di questa città, fino alla fine del 1500 capitale dell’impero Songhai, caduto ad opera dell’invasione berbera, ho visto ben poco. Di Gao ricordo le vie polverose, le dune specchiantisi sul fiume, una sorprendente pasticceria, l’alberghetto coloniale, un sparuto numero di motociclisti in traversata, gruppi di dromedari pronti a partire con le carovane e lastre di sale (provenienti dalle miniere di Taoudenni?) in attesa di essere imbarcate sulle pittoresche “pinasse” in direzione Mopti.
Questo è il territorio che costituisce una parte dell’Azawad (che in Tamashek, la lingua dei Tuareg, significa “terra di pascolo”), regione secessionista del Mali, autoproclamatasi indipendente via internet il recente 6 aprile 2012 in seguito alla ribellione organizzata dai Tuareg del MNLA (Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad) spalleggiati dai ben armati mercenari reduci dalla guerra in Libia e affiancati da un sedicente movimento salafita guidato da un certo Ansar Dine, in odore di Al-Qaeda, oltre a piccoli gruppi di Mauri, Songhai, Peulh.
Apprendere questa notizia non è stato un fulmine a ciel sereno. L’area dove vive il popolo dei Tuareg corrisponde principalmente al sud dell’Algeria, al nord del Niger e al nord-est del Mali. Questa regione, prima della divisione territoriale in stati coloniali voluta dagli europei, non ha mai avuto confini, in sintonia con la natura nomade di questo popolo: gli eventi della storia, comandati da “interessi superiori” hanno fatto sì che le comunità meglio organizzate prendessero il sopravvento diventando padrone dei destini altrui, tracciando confini con la squadra. Prima ci pensarono le potenze coloniali, poi le loro vittime con le dichiarazioni d’indipendenza a cascata tra la fine degli anni '50 e '70 del secolo scorso, legittimati a imporre nomi e accorpare territori.
Come i curdi in Asia, i Tel Tamashek in Africa si trovarono divisi in stati diversi, costretti a diventare sedentari, in linea con le altre etnie predominanti.
Nel 1958, tutti i capi Tuareg firmarono una petizione rivolta alla Francia con l'invocazione di non essere inglobati negli stati indipendenti in fase di riconoscimento, ma questo tentativo come si sa risultò vano.
Nello specifico, dopo la proclamazione nel 1960 della Repubblica del Mali, iniziarono continue ribellioni che sfociarono nel 1990 in una guerra civile, conclusasi con un accordo e un patto in cambio di un contentino fatto di aiuti umanitari. Nel 2006, in concomitanza con la scoperta di giacimenti petroliferi, ci fu un'altra rivolta, alla quale seguirono altri accordi.
Intanto sulla curva del fiume Niger convergono trafficanti di droga del Sud America in cerca di approdi e militanti di Al-Qaeda desiderosi di destabilizzare una zona a maggioranza musulmana. Raggiungere Timbuctu per un turista comincia a diventare rischioso. Proprio l’anno scorso un'amica non è potuta arrivarci, tangibile segno di una situazione sull’orlo del precipizio. Così, lo scorso marzo, in seguito all’ennesimo colpo di stato sviluppatosi nei palazzi governativi di Bamako, la macchina rivoluzionaria si è messa in moto e in poco meno di una ventina di giorni l’esercito del Mali, in preda alla confusione, è stato costretto alla ritirata dai territori contesi.
La nuova entità, chiamiamola così, ha come capitale Gao e racchiude come principali centri abitati Timbuctu e Kidal. Guardando la cartina è facile accorgersi che, se questo nuovo stato sarà riconosciuto dai vari organismi internazionali, cosa assai improbabile, il territorio del Mali sarà ridotto di più della metà.
Che dire?
Da un lato vedere la nascita di un nuovo stato laico a maggioranza Tamashek è cosa affascinante che ripagherebbe questo popolo dalle tante ingiustizie subite nel corso dei secoli, ma poi, ragionando un poco, considerando la presenza di gruppi islamici di matrice fondamentalista, si correrebbe il rischio di far cadere l’area nel caos più completo.
Negli anni, nel corso delle mie visite nelle principali città Tuareg di Agadez (Niger), Djanet (Algeria), Ghat (Libia), Timbuctu e Gao (Mali) oltre a conoscere luoghi di una suggestione ineguagliabile, ho riscontrato soprattutto condizioni di vita molto dure: capanne ricoperte di stracci, costruzioni di fango cadenti, gente dedita ai piccoli commerci o a mendicare per le polverose strade. Tutte impietose immagini testimoni della miseria più nera, quella senza un minimo di speranza.
I pochi Tuareg ancora nomadi si possono trovare in piccoli gruppi sparuti nelle desolate terre del Sahel e del deserto, dediti al pascolo, e nei sempre più rari Azalai, le vecchie carovane del sale rimpiazzate dai fuoristrada.
Cosa potrebbe offrire l’ipotetico futuro stato dell’Azawad ai suoi cittadini?
A quanto ricordo, la terra potrà dare ben poco essendo un territorio prevalentemente desertico. Forse il petrolio da poco scoperto potrebbe essere la vera fonte di prosperità, ma per questo bisognerebbe verificare la veridicità dell’informazione e l'entità degli eventuali giacimenti, senza considerare i comportamenti delle
multinazionali dell’oro nero, capaci in situazioni simili di fare carne da macello dell'Africa nera. Una cosa è certa: la città dei 333 santi, come viene definita Timbuctu, con le strade insabbiate, i forni di fango in mezzo alle vie, le moschee più antiche dell’Africa occidentale, le capanne di stracci, le costruzioni variegate, le parabole attaccate a qualsiasi tipo di abitazione, gli internet point, la linea gsm, la coloratissima e multietnica gente che contrasta con la bianca sabbia e l’atmosfera mistica che ha ne enfatizzato l’irraggiungibilità, ingigantendo la sua fama oltre il dovuto, rimarrà sempre la stessa.
Aprile 2012