Corea del Nord

 

Il Paese perpendicolare

Appunti di viaggio in Corea del Nord

cartolina Nordcoreana

 

Testo e foto di Giuseppe Pompili

 

Bandiere Nordcoreane
Bandiere Nordoreane

Verdi viali di salici delimitano boulevards a otto corsie dove transitano rarissime automobili, marciapiedi lindi e aiuole fiorite, quotidianamente curate da gruppi di cittadini volontari. Architettura monumentale e celebrativa non imbrattata da cartelloni pubblicitari. Coreografiche manifestazioni di piazza ogni giorno in tutto il paese. Industrie pesanti invisibili e lontane dai centri abitati. Fiumi dalle acque limpide e pescose, pianure di campi di riso e mais, montagne tondeggianti ricoperte di boschi e interrotte da torrenti fruscianti. Nessun cellulare che trilla irritante mentre cenate, melodie delicate pervadono l’aria. L’appartamento è gratuito, la scuola anche, così come la sanità. Il sostentamento alimentare di base è garantito. I servizi essenziali come gas, luce e acqua hanno costi irrisori. La delinquenza è pressoché inesistente. Gli studenti nel doposcuola imparano gratuitamente musica, pittura, ricamo e così via, mentre per gli adulti ci sono corsi di lingue e conferenze su ogni disciplina tecnico-scientifica. Le attività sportive fanno parte della vita quotidiana quanto il lavoro e i grandi centri urbani dispongono di ogni genere di impianto sportivo. Un sogno? L’eden? Il Paese di Utopia? No: benvenuti nella Repubblica del Popolo Democratico di Corea.

L'arrivo a Pyongyang e l'Arirang

Arirang 2010
Arirang 2010

Sin dall'ingresso nel Paese dei Koryo, la Corea (dal nome della dinastia che governò sulla penisola coreana e la unificò), ci si rende conto che non ci si trova in un posto qualunque, uno dei tanti "non luoghi" turistici, indistinguibili tra loro per il conformarsi allo standard del mercato. L'aeroporto internazionale Sunan a Pyongyang ti accoglie semivuoto, con pochi aerei fermi sulla pista. La breve attività quotidiana si concentra esclusivamente in coincidenza con il volo da e per Pechino. Le formalità sono rapide e i controlli brevi. La pattuglia degli ospiti stranieri è attesa, di loro si sa già tutto: per entrare nel paese è necessario richiedere per tempo un invito ufficiale, ottenibile tramite pochissime agenzie autorizzate previo acquisto di un pacchetto turistico. Il margine di manovra è limitatissimo, riducendosi in pratica alla durata del soggiorno (limitata a una dozzina di giorni al massimo) e alla scelta se visitare in gruppo o per conto proprio gli stessi posti, negli stessi orari. Ed è bene anche leggere tutte le avvertenze e i consigli per il viaggio, così non ci si sorprende quando vengono in dogana sequestrati i cellulari (che saranno poi restituiti all'uscita dal paese) o libri sulla DPRK, compresa la Lonely. Il concetto di base è che si sta entrando in un altro mondo, un mondo per l'appunto perpendicolare rispetto agli altri, con poche similitudini, senza punti di riferimento: forse – molto vagamente – ha qualcosa dell'Unione Sovietica degli anni sessanta o dell'Albania di Hoxha. Forse, però. L'idea che deve accompagnare il turista è che egli è un contaminatore che porta con sé modelli non accettabili: per questo, come prima cosa, sarà seguito sempre da almeno due guide (così l'una controllerà l'altra e non ci sarà il rischio di variazioni di programma) e non gli sarà permesso uscire da solo dall'albergo. L'hotel di Pyongyang più usato dai turisti stranieri, lo Yanggakdo, ne è un esempio visivo: una torre di 47 piani in un'isola in mezzo al fiume. Il tempo per annoiarsi o aver voglia di fare due passi comunque non ci sarà, la rieducazione dello straniero comincia sin dalla prima sera, con l'affascinante spettacolo dell'Arirang. L'evento si svolge dal 10 agosto al 10 ottobre per tre sere la settimana allo stadio May Day di Pyongyang, ed è un'elaborata coreografia composta da decine di migliaia di figuranti che si alternano tra danze, parate militari ed esercizi funambolici. Un riassunto vibrante e tridimensionale della storia del Paese (Arirang significa per l'appunto "O mio caro", riferito in questo caso all'amor patrio), a partire dal secolo scorso, ovvero dall'occupazione giapponese ai giorni nostri, con particolare riferimento agli ultimi 65 anni, cioè dalla nascita del Partito del Lavoratori con l'ascesa di Kim Il Sung. Lo spettatore apprende che è stato il Grande Leader (Kim Il Sung) a sconfiggere i giapponesi nel 1945, e che da quella data la Repubblica del Popolo Democratico di Corea (DPRK) è rinata, con lo sviluppo prima dell'agricoltura e poi dell'industria pesante. Grande rilievo è dato all'idea di riunificazione con la Corea del Sud e all'amicizia con la Repubblica Popolare Cinese, il più importante alleato politico ed economico. E se è appena accennato, nell'Arirang, il ruolo degli Stati Uniti nel determinare l'attuale assetto della penisola coreana, nei giorni successivi le guide avranno modo di spiegarlo con molto dettaglio, cominciando dalla visita alla nave spia americana Pueblo, catturata nel 1968 e ora trasformata in museo galleggiante al centro di Pyongyang, esibita con orgoglio e riadattata a mezzo di propaganda. I nordcoreani si ritengono vittime dell'aggressione imperialista yankee, tuttora in atto, esemplificata ai turisti e alle scolaresche in visita al museo con ricostruzioni tridimensionali in scala naturale delle battaglie del periodo della Guerra di Corea.

Il culto della personalità e la dinastia dei Kim

Murales di Kim il Sung
Murales di Kim il Sung

Come nell'Unione Sovietica di Stalin o nel Turkmenistan di Turkmenbashy, in ogni angolo del Paese c'è una statua gigante in bronzo brunito o un murales che ritrae il Grande Leader, Kim II Sung (talvolta in compagnia del figlio e attuale capo dell'esercito, Kim Jong Il) circondato da bambini o nell'atto di arringare la folla o in visita a una fabbrica. La presenza paternalistica del Leader in mezzo al popolo è sottolineata dalla sua proclamazione a "presidente eterno", caso unico al mondo di mantenimento post-mortem della più importante carica istituzionale. Anche il turista deve rendergli omaggio indossando il vestito buono: in fila, insieme a una folla di coreani abbigliati a festa, siamo stati condotti nel suo mausoleo per inchinarci profondamente, dai quattro punti cardinali, alla sua salma mummificata. Non viene esclusa dal circuito della deferenza la madre di Kim Jong Il e moglie del Grande Leader: l'omaggio è questa volta di un mazzo di fiori, più adatto a una signora, da deporre sulla tomba nel cimitero dei martiri della rivoluzione.

Per sottolineare quanto anche il resto del mondo "abbia compreso" la grandezza dei due Kim, il programma prevede una visita alla raccolta dei 250.000 preziosi regali offerti al Grande Leader (Kim Il Sung) e al Caro Leader (Kim Jong Il) nel corso dei decenni dai capi di stato e di governo di ogni angolo del mondo (ce ne sono alcuni provenienti anche dall'Italia, uno dal PCI di Berlinguer). I doni, tanto preziosi quanto kitsch, spaziano da intere collezioni di zanne d'avorio dei dittatori africani a elaborati manufatti intarsiati di provenienza orientale. Il tutto è custodito in due grandi palazzi-cassaforte relegati tra le montagne del nord, rutilanti di marmi di Carrara e con le maniglie in simil-oro tempestate di finti rubini.

La nostra curiosità di sapere se c'era già un nuovo leader in pectore destinato a succedere a Kim Jong Il non ha trovato risposta. Qualche giorno dopo il nostro rientro in Italia, sono state date due notizie in rapida successione: la presentazione in Cina del terzogenito di Kim Jong Il e la sua improvvisa nomina a generale a quattro stelle, coronata dall'investitura ufficiale comparendo a fianco del padre alla grande parata militare in occasione del 65-esimo anniversario della fondazione del PWK. Per la prima volta siamo quindi di fronte a un esempio di socialismo dinastico, con la trasformazione della dittatura del proletariato in dittatura ereditaria. L'unica cosa non ancora certa è il soprannome di Kim Jong Un: tra i più probabili "Brillante Compagno" e "Giovane Generale".

L'informazione

Il Palazzo della Cultura
Il Palazzo della Cultura

Un giorno, una delle nostre sobrie guide ci ha sorpreso chiedendoci di informarlo sulle notizie dal mondo trasmesse dalla BBC. Abbiamo così scoperto che la televisione coreana riporta uno stringato e – naturalmente – censurato riassunto delle notizie dall'estero solamente il sabato. Accendere la TV è sempre interessante, in tutti i Paesi del mondo, ma nella DPRK è illuminante: canzoni popolari che inneggiano al governo e all'esercito, telegiornali che raccontano la visita del Caro Leader a qualche fabbrica o l'inaugurazione di un nuovo murales, costituiscono gli unici argomenti del palinsesto. E la televisione non è neppure posseduta dalla maggioranza delle famiglie. D'altra parte, l'isolamento e lo stretto controllo delle informazioni sono il modo più efficace per controllare la società, il mezzo più semplice per preservare la purezza del pensiero dai pericolosi germi esterni. Le immagini che potrebbero rivelarsi una potenziale fonte di turbamento all'ordine costituito vengono preventivamente censurate: con mia grande sorpresa tra le foto che mi sono state cancellate (oltre a quelle dei mezzi militari) ce n'erano di innocue che ritraevano comuni operai al lavoro, quasi che le attività manuali non fossero adatte a rappresentare la società. L'accurato blackout informativo è affiancato da una martellante propaganda ben visibile agli angoli delle strade, in particolare nelle città di confine, dove megafoni a tutto volume mantengono alta la tensione, alimentando i timori di un attacco straniero e chiamando all'unità contro eventuali attacchi nemici.

Nella capitale, il Palazzo della Cultura, un enorme edificio a forma di pagoda contenente 5 milioni di volumi, mette in pratica il concetto nordcoreano di educazione culturale: qui si tengono ogni giorno numerosi corsi gratuiti di lingue estere, di materie tecniche e di storia. I volumi hanno in prevalenza carattere scientifico, mentre la letteratura straniera è piuttosto datata. Internet è ancora un tabù, e gli accessi alla rete pressoché inesistenti. I libri in lingua italiana presentati su mia richiesta consistevano in una rivista di agricoltura e nell'edizione italiana di un libro di matematica superiore del russo Smirnov. Siamo rimasti stupefatti nel constatare che la nostra guida, un professore di lingua e letteratura inglese, non solo non avesse mai letto, ma non conoscesse neppure l'esistenza di J.K. Rowling e del successo planetario della saga di Harry Potter.

La vita in città

Mosaici nella metro di Pyongyang
Mosaici nella metro di Pyongyang

I grandi boulevards di Pyongyang sono pressoché privi di traffico, con l'esclusione di poche mercedes nere con i vetri oscurati a uso ufficiale e degli ancor più rari minibus turistici. Nelle strade ci sono quasi esclusivamente biciclette (poche) e pedoni (tanti) allineati ordinatamente in lunghissime file alle fermate dei vetusti autobus che collegano il centro con la periferia. Di notte la città piomba nel buio: i lampioni ci sono, ma pochi vengono accesi a causa della cronica mancanza di energia elettrica, tanto che, vista dallo spazio, la notte della Corea del Nord è un buco nero accanto al bagliore del ricco sud. La gente vive per lo più in enormi grattacieli di cemento, ingentiliti da colori vivaci, che lo stato concede a uso gratuito. La guerra contro il Giappone e, soprattutto, quella contro gli Stati Uniti, hanno raso al suolo le città, e sono pochi i quartieri che ancora conservano le basse case tradizionali. A Pyongyang c'è una bella metropolitana, scavata a 60 metri nel sottosuolo e (si dice) collegata a numerose altre gallerie che possono essere utilizzate come rifugio anti-atomico. Alle stazioni, prive dell'indicazione del nome della fermata e decorate in stile liberty con mosaici che ritraggono scene della moderna capitale o di vita quotidiana, si accede mediante scale mobili attrezzate con piccoli altoparlanti che diffondono musiche patriottiche. In città i negozi sembrano invisibili, privi di insegne o di vetrine affacciate sulla strada. Di gestione statale, sono tutti simili tra loro e vendono pochi generi di consumo senza alcun assortimento. Ben più frequentati sono i numerosi parchi municipali lindi e ben curati, affollati a ogni ora del giorno da gente che li utilizza per fare picnic o per suonare e ballare all'ambra degli alberi mangiando coni gelato. Nelle piazze, invece, ci sono ore stabilite per le esercitazioni dei cittadini in preparazione delle frequenti parate celebrative.

L'esercito e l'idea di comunità

La linea di confine a Panmunjom
La linea di confine a Panmunjom

L'esercito nordcoreano è numericamente il quinto al mondo, grazie anche a una leva della durata minima di tre anni. L'ideologia del Songun, ovvero la supremazia dell'esercito, ideata dal Caro Leader, è il cuore della macchina del potere. L'esercito è del popolo e la sua presenza si vede ovunque, sia nell'esecuzione di lavori socialmente utili come la realizzazione di infrastrutture o di abitazioni sia nelle parate militari o nei compiti istituzionali. Questo doppio utilizzo dei soldati raggiunge lo scopo di cementare il patriottismo e di allontanare dalla gente l'impressione di una forza oppressiva. L'idea dell'appartenenza alla comunità è stimolata e ricompensata anche nei bambini con una settimana di vacanza in bellissime e attrezzate colonie estive. A differenza dell'occidente in cui è premiata l'eccellenza del singolo mediante l'esaltazione delle qualità individuali a scapito dei meno abili, il sistema nord coreano premia solo il gruppo. Se in una scolaresca almeno la metà dei ragazzi ottiene il massimo dei voti, allora andranno tutti in vacanza premio, altrimenti nessuno. L'idea è semplice ed efficace: i migliori devono darsi da fare per aiutare i meno capaci se vogliono essere premiati. Viene così disincentivato l'egoismo e la lotta del tutti contro tutti per il successo del singolo.

Le frontiere

Ufficiale di frontiera
Ufficiale di frontiera

Viaggiando in minibus per le autostrade del Paese, si notano degli alti pilastri in pietra o cemento a gruppi di cinque o dieci a ogni lato della carreggiata, che aumentano di numero e frequenza avvicinandosi alle spiagge o al confine con la Corea del Sud: lo scopo è di bloccare le strade in caso di invasione nemica, facendoli saltare. E non sono gli unici esempi visibili che mostrano come la DPRK si senta minacciata da pericoli esterni: le belle spiagge del Paese sono tutte protette da reti elettrificate che tolgono non poca poesia ai riflessi verde smeraldo del mare e alle sabbie dorate. Ci ha messo del suo anche la Corea del Sud, la quale ha costruito un bel muro di otto metri d'altezza sul confine, ben visibile da Nord e nascosto invece da Sud con un terrapieno su cui cresce un'innocente erbetta verde. Ma è vero che la DPRK è l'Impero del Male, come sosteneva l'ipersemplificazione ideologica di Gorge W. Bush? In realtà, l'eterno gioco al predominio tra superpotenze, dove oggi la superpotenza emergente contrapposta agli USA non è più la Russia, ma la Cina, vede la Corea, sia quella del nord che quella del sud, lacerata dai contrapposti interessi strategici ed economici delle due superpotenze. Pedine e ostaggi di un gioco più grande, le due Coree non sono affatto libere di perseguire l'unificazione, come vorrebbe il nord, e neppure la denuclearizzazione del territorio, come auspicano entrambe, almeno sinché gli Stati Uniti non rinunceranno alle loro basi nucleari in Corea del Sud, a poche centinaia di chilometri dalla Cina. Su questo fatto si possono nutrire ragionevoli dubbi, almeno in un futuro prossimo, perché c'è in ballo il controllo militare di una delle aree a più alto sviluppo economico del pianeta.

L'ultima frontiera che vediamo è quella con la Cina, con il treno che ci riconduce a Pechino. E' un balzo nello spazio e nel tempo. La sponda destra cinese dello Yalu ospita Dandong, una città rutilante di grattacieli e centri commerciali, che contrasta in modo netto con la riva sinistra nordcoreana, dove le fioche luci della cittadina di Sinuiju non riescono a rischiarare neppure le facciate in rovina dei vetusti condomini e le fangose strade non pavimentate. I nostri passi fuori dal treno, sui marciapiedi della stazione di Dandong sono incerti: ci sembra impossibile poter camminare da soli ed entrare addirittura in un bar a prendere un caffé.

Divagazioni

Il Presidente Eterno Kim il Sung
Il Presidente Eterno Kim il Sung

Non c'erano molti turisti in DPRK, sembra che di italiani ce ne vadano cinque all'anno. Ne abbiamo visti di tutti i tipi, dai nostalgici del regime comunista, a inutili studenti dell'università internazionale di Hong Kong, da curiosi giapponesi a raffinati gruppi di anziani francesi. Ma qualunque fosse la loro provenienza geografico/politica o il loro livello culturale, questi turisti discutevano. Perché la DPRK fa soprattutto discutere: si ha l'impressione di non aver capito, di aver solo sfiorato, di essere stati tenuti sulla soglia di casa. Non è quindi per cercare il bel mare, la montagna, l'arte, i gadget turistici o la buona cucina che si deve visitare la Corea del Nord. Il territorio è verdeggiante ma abbastanza uniforme. Le montagne sono basse, boscose e arrotondate, anonime rispetto alle grandi catene dell'Asia. Le coste prive di stazioni balneari come le intendiamo. Il senso di un viaggio in questo Paese risiede nella visita di una società controcorrente, che sembra procedere a 90 gradi dalla storia. Si direbbe in direzione ostinata e contraria. In ogni caso, un sistema radicalmente alternativo al nostro modo consolidato d'intendere l'organizzazione sociale e le libertà individuali. Non è facile trovare, nel XXI secolo, una società che non sia allineata al pensiero unico monetarista che ha conquistato il mondo. Indifferentemente, paesi poveri e ricchi s'inchinano davanti al totem del liberismo che ha venduto illusioni, spacciando superstizioni per verità, "i soldi che generano soldi", a prescindere dall'economia. La stessa Cina, pur assoggettata a un partito unico che si proclama ancora comunista, ne ha stravolto il significato: da un'utopica società dove ciascuno dovrebbe ricevere in base ai propri bisogni, a un capitalismo imperiale e sregolato dove una minoranza si arricchisce smodatamente sulle spalle di un esercito di lavoratori desindacalizzati. Neppure i liberisti più incalliti avrebbero mai osato sperare tanto. Il fallimento dei modelli socialisti dell'Europa orientale sul finire degli anni '80 sembra indicare che attualmente non esistono alternative al modello dominante, anche se autorevoli economisti avanzano dubbi sulla sostenibilità del sistema.

Tuttavia i dissidenti sono facilmente zittiti dalla maggioranza che vede nella "crescita" l'unica taumaturgica medicina in grado di sanare le periodiche crisi recessive. Il passato insegna, ma non si ripete per sempre. La crescita, intesa come aumento continuo della ricchezza interna, il pil, contribuisce a tenere sotto controllo gli enormi debiti pubblici dei paesi occidentali mantenendo nel contempo bassa la disoccupazione con l'aumento della domanda. Pare che la crescita sia la sola risposta possibile per ottenere progresso e benessere. Ma una crescita continua non può durare per sempre all'interno di un sistema chiuso con risorse finite, come è il nostro pianeta. La crescita demografica, che è stata il motore primario dello sviluppo sino a oggi, raggiungerà il picco nei prossimi decenni per poi declinare. Le risorse disponibili (materie prime, energia, biodiversità) non sono illimitate. Se la crescita continua dovesse rivelarsi un'illusione, al pari del monetarismo, allora la riconversione a modelli sostenibili, non consumisti, in grado di preservare l'ambiente, la qualità della vita e la rinnovabilità delle risorse non sarà indolore per le nostre società aduse allo spreco e al futile. Da questo punto di vista, tra i paesi in fase di sviluppo, la Corea del Nord avrà minori problemi di riconversione. Decenni di isolamento internazionale e di esperienza autarchica hanno privilegiato settori come l'agricoltura e l'industria pesante, tralasciando di proposito la produzione di beni non strettamente indispensabili. L'amicizia e il sostegno cinesi hanno contribuito alla sopravvivenza del regime di Pyongyang, ma questo fatto da solo non spiega la resilienza del paese agli sconvolgimenti che hanno decretato il crollo di tutti gli altri sistemi socialisti, spingendo recentemente lo stesso Fidel Castro a dichiarare esaurita l'esperienza dell'economia centralizzata a Cuba, l'unico altro Paese socialista sopravvissuto agli sconvolgimenti di fine millennio.

 

La Corea del Nord non solo va controcorrente, ma resta radicalmente alternativa al nostro modo consolidato di intendere l'organizzazione sociale. Democrazia, diritti individuali, libertà civili sono conquiste dell'occidente sbandierate con orgoglio, ma appartengono in definitiva a quei paesi che se li possono permettere, che dispongono del superfluo e in nome del monetarismo rendono succubi i paesi più deboli, sul cui sfruttamento indiscriminato delle risorse poggia il nostro benessere drogato. I tentativi fallimentari di esportazione forzata dei nostri sistemi di governo sono sotto gli occhi di tutti e non nascondono le ben più concrete mire di controllo delle risorse a vantaggio dei paesi militarmente ed economicamente forti. In questo contesto, la questione della dittatura ereditaria che si è instaurata in Corea del Nord perde importanza davanti a un'organizzazione sociale che riesce in qualche modo a reggere e prosperare. Il militarismo spinto, la supremazia dell'esercito teorizzata a sistema nel Songun e dell'uomo artefice del suo destino nel Juche, la sindrome da accerchiamento accortamente alimentata dal potere, le manifestazioni di massa quotidiane in tutte le piazze del paese, la propaganda del regime strillata con megafoni all'angolo delle strade svuotate dal traffico veicolare servono a compattare la gente, a indurre il popolo ad accettare ogni difficoltà. Nel frattempo la società si è organizzata per razionalizzare le risorse, per fare di più e meglio con i limitati mezzi a disposizione. Secondo i nostri standard sono poveri, ma prima o poi tutti saremo chiamati a scelte dolorose, che ci costringeranno a vivere sprecando di meno e con meno soldi in tasca. Presto o tardi anche l'opulento occidente dovrà riconsiderare il concetto di benessere. Già i figli vivono peggio dei padri, per la prima volta nella nostra storia. La Corea del Nord, forse, ci può insegnare non sulla democrazia o i diritti civili ma su come sia possibile costruire una società sostenibile. Non imitando la loro, ma suggerendoci spunti di riflessione sul nostro modo di vivere, per affrontare, senza negarlo, l'inevitabile declino del benessere prossimo venturo e abbracciare un diverso modello di sviluppo.

 

Agosto 2010

Bibliografia