Italia

 

Cervino dall'alba al tramonto

La cresta del Leone con Don Paolo Papone

Il panorama su Valtournenche dalla vetta del Cervino

 

Testo e foto di Giuseppe Pompili

Don Paolo accanto al graffito di E. Whymper e J.A. Carrel - 1861
Don Paolo e il graffito di E. Whymper
Don Paolo in vetta al Cervino
Don Paolo in vetta al Cervino

Ogni appassionato di montagna serba nel profondo del cuore un amore inconfessato, un’ostinata inclinazione verso una cima, il monte a cui siamo più legati e a cui sempre vorremmo tornare. Non importa se è dietro casa o dall’altra parte del mondo. Quest’attrazione porta il marchio di un ricordo indelebile. Il caso volle che, nonostante io sia bolognese, mio padre mi portasse da bambino a Cervinia. Lì, mezzo secolo fa, vidi per la prima volta la “Gran Becca” in un’età dove tutto è nuovo e meraviglioso. Ricordo il desiderio, misto a timore, di riuscire un giorno a salirla per vedere il mondo dall’alto in basso. Il caso volle che due grandi dell’alpinismo emiliano, appartenuti a un’epoca ormai remota, Oscar Bellotti e Augusto Righi, trascorressero ogni anno le vacanze nei campeggi della Valle d’Aosta: chiunque tra gli ex allievi era benvenuto a legarsi in cordata con loro per salire le grandi classiche dal Bianco al Rosa al Cervino: lo sperone della Brenva, la cresta Signal e la cresta del Leone solo per citarne alcune. E fu così che m’innamorai delle Alpi Pennine, della loro selvaggia bellezza, degl’imponenti ghiacciai e delle alte e affilate creste, tradendo i più vicini Appennini. Nel corso del tempo ho cercato altrove l’esatta simmetria dello “scoglio più nobile d’Europa”, come lo aveva ribattezzato il pittore inglese John Ruskin: monti analoghi e persino più imponenti non mancano in giro per il mondo, dall’Ama Dablam al K2, ma proporzioni così eleganti e regolari restano uniche. Ripensando con nostalgia alle scalate di gioventù, un bel giorno d’autunno, esattamente dieci anni fa, chiesi a Don Paolo Papone, compagno di tante gite scialpinistiche, di salire insieme il Cervino. Il Don, com'è familiarmente conosciuto a Valtournenche, è un parroco atipico, uno col pallino della montagna, degno erede della tradizione dei religiosi valdostani, simile al canonico Georges Carrel o all’abate Amé Gorret (che si sacrificò quasi in cima per permettere il passaggio decisivo e l’apertura della via italiana). Abituato alla penitenza, Don Paolo non si tira indietro davanti alla mia richiesta e così lasciamo la chiesa del paese alle 4 del mattino di lunedì 3 ottobre 2011: un lunedì, perché la domenica mattina c'è messa. Saliamo sul landrover prestatoci da Cristina, l'artista di Valtournenche, sino all’Oriondé. Alle 5 a.m., mentre a oriente il nero del cielo inizia a virare all’indaco, partiamo. Siamo soli e procediamo spediti.

La Croix Carrel lungo la via normale italiana al Cervino
La Croix Carrel
Giuseppe in vetta al Cervino
Giuseppe in vetta al Cervino

Superiamo presto la Croce Carrel, posta nel punto in cui Jean Antoine “morì, non cadde”, alla sua 51-esima salita del Cervino, non senza aver messo in salvo il proprio cliente. All’alba raggiungiamo il bivacco a lui intitolato, a quota 3835 m, dove ci riposiamo. È ormai giorno fatto quando, superato il traverso del mauvais pas, Paolo mi mostra il graffito di Edward Whymper e poco sotto le iniziali di Jean-Antoine Carrel. Accanto, una data: 1861. Ero passato da qui altre volte, ma sempre di notte, fatto inevitabile se si parte dal bivacco Carrel prima dell’alba, e quindi non avevo mai notato le incisioni sulla roccia. È stata una grande emozione: nessuno prima di loro aveva mai raggiunto questo punto: “appena” 160 anni fa percorrere la Cresta del Leone era tanto arduo quanto lo è oggi raggiungere Marte! Saliamo rapidi, di conserva, su per la “Grande Corde” e poi per la scala Jordan. Alle 14 siamo alla croce sulla cima italiana. La vista spazia su Cervinia, Zermatt, sui laghi celesti della conca del Breuil e poi sul gruppo del Rosa, la Dent Blanche, il Gran Combin e, più oltre, il Bianco. Iniziamo presto a scendere, perlopiù faccia a valle, facendo sicura solo in un paio di tratti. Siamo di ritorno al calar del sole. Dalle pareti solitarie alla civiltà: dall’alba al tramonto.

5 Maggio 2021

Bibliografia minima

1. Hervé Barmasse - La Montagna dentro - Laterza - 13ª Edizione, 2015, pp.224 con illustrazioni a colori, 17,10 €.

2. Hervé Barmasse – Prossimo libro sul Cervino – Laterza - 1ª Edizione, 2021.