Stati Uniti d'America

Denali, corona di ghiaccio del nord America

La nostra salita al McKinley

mappa

Testo e foto di Giuseppe Pompili

 

DenaliIn lingua Athabasca, una delle popolazioni native dell’Alaska, Denali significa “il più alto”. La montagna, famosa per essere la più fredda del mondo, è il punto culminante dell’Alaska Range, una catena di ghiaccio e granito ai limiti del circolo polare artico, che si alza per oltre seimila metri sulle pianure circostanti, tra boschi di betulle e acquitrini paludosi. Conosciuto come McKinley, in virtù del nome attribuitogli nel 1913 dai primi salitori per celebrare un candidato alla presidenza dell’epoca, solo in anni recenti la montagna ha visto il recupero dell’antico nome indigeno.

L’Alaska Range è un fossile dell’ultima glaciazione, sopravvissuto a causa della relativa vicinanza al mare. L’ariaCessna umida oceanica riversa infatti, principalmente sul versante sud della catena, decine di metri di precipitazioni nevose all’anno che si accumulano in immensi ghiacciai sino a sommergerne le valli e ricoprirne le vette, glassando come meringhe gli acuminati picchi. Temperature artiche esaltate dall’effetto del windchill, amplissimi crepacci scavalcati da ponti di neve inconsistente e meteo prevalentemente sfavorevole, costituiscono il terreno di gioco su cui, ogni primavera, si cimentano un migliaio di alpinisti provenienti da ogni parte del mondo. Le regole sono semplici: un aereo con i pattini atterra su di un ramo laterale del ghiacciaio di Kahiltna, alla quota di 2200 metri e poi ritorna a una data stabilita, condizioni meteo permettendo. Dal momento dell’atterraggio ogni gruppo o spedizione deve essere completamente autosufficiente, anche in caso di soccorso e recupero dovuti ad una caduta in un crepaccio, eventualità non tanto remota. Sulla montagna non esistono rifugi o altre strutture che possano agevolare la salita, salvo una tenda medica gestita dai ranger alla quota di 4200 m. La salita deve perciò avvenire in completa autonomia e a questo fine Gruppobisogna trasportarsi non solo l’equipaggiamento tecnico come corda, imbragatura e ramponi, ma anche tende, sci, combustibile e viveri per almeno tre settimane. Il nostro carico si aggirava sui quaranta chilogrammi a testa, trasportati grazie a una slitta, più lo zaino. Ci siamo stupiti nel constatare come, nonostante tutto, fossimo uno dei gruppi più “leggeri” tra le numerose spedizioni presenti. Eravamo in otto: sette uomini e una donna, Biancaneve e i sette nani, legati in tre cordate indipendenti. Cinque campi alti e nove giorni dopo l’atterraggio sul ghiacciaio, raggiungevamo tutti felicemente la cima in una giornata di rara bellezza che si è conclusa con una solenne bufera di vento, a memento che l’instabilità meteorologica sul Denali è la regola. Siamo stati veloci e fortunati. In montagna, queste due variabili non sono mai del tutto indipendenti.

Facile ma...

All’arrivo a Talkeetna, colorita cittadina 114 miglia a nord di Anchorage nonché punto d’accesso al Denali NationalIl ghiacciaio di Kahiltna Park & Preserve, occorre registrarsi alla stazione dei ranger e saldare la tassa di salita di 210 dollari. I ranger sono molto scrupolosi nell’adempimento dei loro doveri, tra i quali c’è la proiezione di un video che mostra i pericoli della montagna e la distribuzione di sacchetti di plastica biodegradabile di vari colori per la raccolta differenziata dei rifiuti, cui si aggiungono dei robusti contenitori in PVC per gli escrementi solidi, da riportare indietro. (Mal) abituati come siamo ad anarchici comportamenti sulle nostre montagne, non pochi di noi si sono meravigliati per tanto rigore ecologico. La West Buttress, o Sperone ovest, conta il 92% sul totale delle ripetizioni annue al Denali, non presentando difficoltà tecniche a eccezione della quota e di 240 metri di corde fisse da risalire (volendo) anche con l’aiuto dello jumar su pendii al più di 55°. Anche così, la lunghezza del percorso, la necessità di una prolungata autonomia, l’alta probabilità di abbondanti nevicate, il freddo, i buchi nascosti e il whiteout (fenomeno per cui sui ghiacciai può capitare che la nebbia o la tormenta sia tale da non permettere di distinguere il cielo dalla terra, facendo così perdere l’orientamento) rendono la salita tanto dura quanto quella di alcuni ottomila. Durante l’incontro preparatorio coi ranger l’accento è posto sulla prevenzione delle situazioni a Mt Hunterrischio e, in particolare, sulla necessità di evitare di chiamare inutilmente i soccorsi. E’ evidente il proposito di non fornire false sicurezze basate su aiuti esterni, salvo che in casi eccezionali, comunque subordinati alle condizioni meteo. I ranger non hanno nessuna intenzione di rischiare la propria vita in operazioni di soccorso volte a rimediare agli errori altrui. Ad esempio, uno dei consigli è di segnalare adeguatamente i depositi dei materiali con bacchette alte almeno due metri. L’inosservanza di questa indicazione stava per costare cara a Davide di Vicenza. Lo abbiamo incontrato per caso ad Anchorage, mentre era in attesa che il consolato gli fornisse un duplicato del passaporto, smarrito sotto l’abbondante neve caduta, insieme allo zaino, con tutti i viveri, i soldi e il materiale. Solo la presenza e l’aiuto disinteressato di altri alpinisti gli avevano permesso di tornare indietro e poter raccontare la sua avventura. I limiti imposti dalla logistica unitamente al maltempo, stavano invece per costare la vetta a due forti alpinisti di Belluno, saliti per disperazione in giornata dal medical camp dopo esservi stati bloccati per dieci giorni consecutivi, ormai al lumicino con i viveri. Ci sono state anche altre storie, non tutte a lieto fine, ma è opportuno dire che incidenti ne capitano pure sulle Alpi. Sul Denali, la percentuale relativa è davvero bassa, se rapportata alla severità del luogo.

Sul ghiaccio di Kahiltna

Il 16 maggio, dopo una giornata d’attesa interminabile, trascorsa a Talkeetna in attesa che il Twin Otter trovasse buone condizioni di visibilità sul ghiacciaio di Kahiltna, siamo finalmente decollati. Quaranta minuti di volo e poi, subito dopo l’atterraggio, sci ai piedi, formazione delle cordate, aggancio della slitta all’imbrago e partenza. Si inizia in discesa, da quota 2200 sino a 2000 metri. Un avvio tanto morbido sembra un regalo insperato… ma lo si rimpiange sulla via del ritorno, quando, sfiniti, ogni ulteriore metro di salita si trasforma in un’ordalia. Compiuto il breve percorso discendente, si punta verso l’immenso fiume di ghiaccio di Kahiltna, lungo complessivamente 80 km, mantenendosene al centro per evitare le parti più tormentate. Proseguendo così per tre giorni, si superano zone relativamente pianeggianti alternate a ripide colline di ghiaccio. Ogni sera montavamo il campo, per poi smontarlo al mattino. “Sera” e “mattino” sono, nella tarda primavera artica, termini convenzionali, perché sul Denali a fine maggio non è mai completamente notte: ci sono appena tre ore di grigia penombra e per dormire occorre coprirsi gli occhi, come in aereo. Abbiamo campeggiato ai piedi di luoghi dai nomi esotici come ski hill e motorcycle hill, per poi superare il temuto windy corner, ai piedi dello sperone ovest. Un breve traverso ghiacciato, esposto a caduta pietre, conduce al campo successivo. Questo tratto va percorso due volte, perché la ripidezza del terreno non permette di trascinare con gli sci una slitta di quaranta chili. Si rende perciò necessario suddividere il carico e trasportarlo in due giorni distinti. Raggiunto quello che si può ben definire il campo base, ovvero il medical camp, la vista infine spazia su di uno spazio pianeggiante a quota 4360 m, protetto a nord dalla West Buttress. Molte spedizioni vi sostano per quasi due settimane, per riposare, perché bloccate dal maltempo o per rifinire l’acclimatazione con dei carichi verso il campo alto a 5200 m. Il campo medico è anche noto come campo a 14.000 piedi oppure, familiarmente, campo 14k, secondo la convenzione che vuole il simbolo del kilo, la kappa, simboleggiare le migliaia. Il campo 14k assomiglia ad una cittadella medievale, con le tende difese da bastioni merlati, castelli e grotte di ghiaccio. Il tutto per fornire un riparo dall’assalto degli elementi che, in certi giorni, si scatenano furiosi. Muniti di sega e pala ci si improvvisa architetti e mastri d’ascia. Dopo alcuni tentativi, non è difficile ricavare nella neve compatta blocchi regolari, che si sovrappongono per creare dei bassi muri. I vuoti lasciati dallo scavo servono come trune per cucinare, mentre intorno si realizzano opere di protezione. Un fragile telo costituisce il solo riparo dall’ostile ambiente circostante, ecco perché è di fondamentale importanza creare robuste barriere contro il vento. Per risparmiare sulla manodopera abbiamo sempre cercato di utilizzare attendamenti abbandonati, che poi ristrutturavamo alla meglio. Costruire un igloo non sarebbe stato impossibile, ma ci siamo fermati di fronte al mistero dell’arco e della chiave di volta. La nostra evoluzione architettonica sul ghiaccio è rimasta saldamente ancorata al paleolitico del muro a secco.

Attacco alla vetta

Dopo tanto lavoro preparatorio e di acclimatazione, ha avuto finalmente inizio la parte alpinistica. Lasciati sci e slitta al campo 14k abbiamo risalito, con l’aiuto di 240 m di corde fisse, una parete alta seicento metri e inclinata in media Panorama dalla vetta del Denalidi 45°. Lo scivolo di ghiaccio porta ad una sella sul filo di cresta della West Buttress, a quota 4900 m. Una volta raggiunta la magnifica e aerea cresta di granito la si risale per un km circa finché si allarga a formare un ampio spiazzo. E’ questo il sito del campo alto, il 17k, 5200 m, l’ultimo prima del balzo finale. Luogo esposto e inospitale, il solo fatto di esserci mette in pericolo. E’ bene fermarsi al 17k solo lo stretto indispensabile, non più di due giorni, uno per salire e uno sulla via di discesa. La prima volta si lascia solo un deposito, quindi si scende in giornata al relativo comfort del campo 14k. Dopo un giorno o due di riposo si può tentare la cima, una volta certi della stabilità del tempo. Il mattino del 25 maggio ci ha spronati a cogliere l’occasione, incoraggiati dal sereno e dalla quasi totale mancanza di vento. Partiti alle nove e trainati da Adriano, un vero cavallo di razza e mio compagno di avventura all’Everest, abbiamo trovato il traverso che conduce al Denali Pass in buone condizioni e - per fortuna - non ghiacciato come si temeva. Superato Giuseppe in vettail passo ci siamo trovati sul versante nord della montagna. Da questo punto in poi non abbiamo trovato difficoltà tecniche di rilievo se non quelle causate dal freddo e dalla stanchezza crescente. Trascorse sei ore dalla partenza dal campo alto, intervallate da numerose soste per riposare, tutte le cordate del nostro gruppo hanno infine raggiunto la cresta sommitale da cui si gode un panorama mozzafiato, primi alpinisti della giornata, rincuorati dal poco vento e da una magnifica giornata senza nuvole. Adriano e io abbiamo proseguito legati lungo l’aerea cresta sino al punto culminante, da cui si abbraccia con un solo colpo d’occhio tutta la catena, solcata da ghiacciai che si perdono all’orizzonte. C’è chi ha scritto che la vista dalla cima del Denali in una bella giornata è come guardare dalle finestre del Cielo. Per noi due quel bellissimo regalo rappresentava la caduta dell’ultimo serio ostacolo verso il completamento delle “7 sorelle”.

Una montagna per molti... ma non per tutti

Secondo recenti statistiche, la percentuale di successo al Denali si aggira intorno al 50 per cento, ma questa cifra non dice che un terzo di coloro che raggiungono la cima sono guide in compagnia di clienti, né tiene conto del fatto Giuseppe Pompili in vetta al DenaliAdriano Dal Cin in vetta al Denaliche molti alpinisti, quando si tratta di dichiarare il punto più alto raggiunto, non guardano troppo per il sottile tra la cima vera e propria e la leggermente più bassa cresta sommitale. “Non fatevi ingannare dal bel tempo. Se vedete una grossa nube lenticolare spuntare all’improvviso sul Foraker, girate i tacchi e datevela a gambe” ci ammoniva il ranger durante il briefing a Talkeetna, in quello che pareva essere solo una frase ad effetto volta ad intimorire gli ultimi arrivati. Ma, sul Denali, venti sino a 130 km/h in presenza di temperature di -30°C non sono infrequenti, anche d’estate, e non lasciano scampo. Meglio non dover fare mai la loro conoscenza, meglio scavare una buca nel ghiaccio e attendere. Alle 16:45 abbiamo iniziato la discesa e, tanto per non smentire la propria pessima fama, il tempo è cambiato repentinamente. Il vento si è rafforzato proprio mentre giungevamo alle nostre tende al campo alto, ben riparate da blocchi di neve. Alcuni alpinisti che quel giorno erano partiti dopo di noi o erano stati più lenti, hanno riportato congelamenti in discesa. Abbiamo poi appreso che c’è stato anche un salvataggio da parte dei ranger. Il 25 maggio è stato il giorno più bello, l’unico possibile per la vetta dopo parecchi. In seguito il maltempo ci ha sempre accompagnato durante i due giorni di ritorno verso il campo d’atterraggio, con bufera e whiteout, quasi che la montagna volesse farcela pagare per essercela cavata così a buon mercato. L’aereo che doveva riportarci a Talkeetna ha potuto decollare solo la mattina del 28, anticipando così di cinque giorni il rientro rispetto al programma iniziale. Tuffarsi nell’ultima wilderness d’America è stata per noi tutti un’esperienza indimenticabile, ma ciò che ci resta è la consapevolezza di aver approfondito un poco la conoscenza di noi stessi e degli amici che avevamo intorno: noi siamo la sorgente delle sorprese.

Maggio 2005

Bibliografia

  1. Colby Coombs – Denali’s West Buttress – A climber guide to Mount McKinley’s classic route - Copyright 1997, Published by “The Mountaineers” Seattle pp.144, $ 16.95
  2. Bradford Washburn & David Roberts – Mount McKinley, Conquest of Denali – Harry N. Abrams, Inc. New York. A Times Mirror Company, 1991. pp.206.
  3. Mike Wood & Colby Coombs - Alaska: A Climbing Guide - pp. 208.
  4. Jim Du Fresne – Alaska: A Travel survival Kit – Guida in Inglese della Lonely Planet 7ª Edizione, maggio 2003. 456 pp. 19.95 $
  5. R.J. Secor – Denali Climbing Guide - pp. 135.

Links

  1. http://www.nps.gov/dena/
  2. http://www.nps.gov/dena/home/mountaineering/booklet.htm
  3. http://www.nps.gov/dena/home/mountaineering/summaryreports.htm