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La festa è finita. I miei tre compagni italiani e io siamo felicemente giunti a Skardu al termine di un breve trek che in tre intensi giorni (con 8-10 ore di marcia al dì) ci ha visto attraversare il Gondoghoro La. Scriveva Oscar Wilde che la verità raramente è pura e mai semplice. In omaggio a questo aforisma vorrei cercare di dare il mio parziale, piccolo, contributo di verità. Lo faccio per mezzo di alcuni ringraziamenti dato che nessuno si prende mai la briga di render grazie al termine di una spedizione se non ai propri sponsor.
Grazie a Gerfried Goeschl, per il suo peculiare concetto che fare il capospedizione significhi in primo luogo pensare a sè stesso, lucrando con ogni mezzo sui partecipanti ed evitando per quanto possibile di mettersi personalmente in gioco. Noblesse. Ma poi sono arrivati i Montagnardi e Robespierre...
Grazie a ... Ali, promosso sul campo da portatore d'alta quota (pagato) addirittura a "compagno" di scalata di Mario Panzeri sul sito di montagna.tv.
Grazie a TUTTI quelli che hanno salito il G1 il 13 luglio (inclusa la giapponese ossigenata coi suoi due sherpa nepalesi e le 9 bombole di O2) per non aver messo bene in chiaro che devono la vetta a un tale canadese Monsieur Louis Rousseau, senza il quale il couloir "des japanais" che porta dal C2 al C3 sarebbe tuttora IMMACOLATO.
Grazie di nuovo a Gerfried Goeschl per aver spinto innanzi Louis affinché sistemasse per tutti le corde fisse sul couloir del G1 (fatto che è costato a Louis stesso la vetta, per spossatezza) e per avergli formalmente vietato tre giorni dopo di correre dal base con ossigeno e farmaci in soccorso del connazionale Marc Andrè Beliveau colpito da edema cerebrale al campo 3 del G2 con la motivazione che "non fosse strettamente necessario" (fatto che è poi costato un forte alterco con spintoni tra i due al campo base).
Grazie agli dei della montagna per aver lasciato in vita (con un po' di shock ma per il resto illeso) il giorno della salita collettiva alla vetta del G1 il Dr. Stefan Zechmann (medico della nostra spedizione) dopo una scivolata di quasi 200 m dalla cresta sommitale del G1 su di un pendio di ghiaccio a 45°. All is well that ends well. Isn't it?
Grazie al CEO della Adventure Pakistan per essersi accollato gli 800 Euro aggiuntivi che il Sig. Goeschl ha deciso unilateralmente di addebitare ad Adriano Dal Cin e a me come penale extra (oltre a quella pattuita, concordata prima della partenza e già versata di 800 Euro) per aver scelto di non partecipare all'estensione K2 della sua spedizione (sono rimasti solo in due, lui e Alex Txikon).
Menzione speciale infine ad Alberto Magliano, per aver caricato come un bestia da soma (oltre 20 kg di zaino) e maltrattato a parole sino a farlo piangere il suo portatore d'alta quota Javed Ali (tutto poi sistemato con una bella mancia, nel più puro stile guadagno, pago, pretendo). Testuale: "I portatori del Baltistan non valgono nemmeno la metà dei loro colleghi nepalesi". La parole sono state diverse ma il senso era quello. Ci sono molte altre "perle" attribuibili al pensionato scalatore degli 8000, ma sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.
E' crudele continuare a tediarvi con altre umane miserie d'alta quota: preferisco fare altri tipi di ringraziamenti, più sentiti, nel prossimo e ultimo post.
Avrei voluto chiudere questo blog con dei ringraziamenti. Non ironici, come nel post precedente, ma sentiti, e rivolti a coloro che hanno fatto qualcosa per il prossimo e non solo per sè stessi durante questa stagione ai Gasherbrum. Ad iniziare dai soccorritori di Sadik sino ai salvatori di Marc André, senza dimenticare chi ha tirato fuori un inglese incolume dal crepaccio di 30 m in cui era caduto nei pressi del c1. Ma tutto questo appare superato dai fatti, dalla notizia di oggi della tragica scomparsa di Leila Esfandiari, durante la discesa dalla vetta del G2. Nel corso del tempo tra noi si era stabilita un'amicizia, per la consuetudine di mesi passati nello stesso campo base, spedizione dopo spedizione, tra le montagne del Karakorum. Lei, iraniana, donna e bella, ben decisa a scalare anche sola contro tutti, contro la burocrazia di un Paese che non concede troppi spazi alle alpiniste indipendenti, specialmente se in rotta con la potente federazione. L'estate scorsa, al K2, mi confidò di aver dovuto vendere il suo appartamento di Teheran, tornando a vivere dai suoi, pur di poter coronare il sogno di affrontare quella (costosa) spedizione. Putroppo nessuno di noi riuscì a salire, e così Leila ci ha riprovato questa estate con il G2. Dopo un tentativo fallito di poco il 14 luglio, ci ha riprovato alla finestra successiva, quella di ieri, venerdì 22, che ha visto una quindicina di successi aggiungersi ai primi 5 del 14 luglio. Ho lasciato il c.b. cinque giorni fa, sapendo che Leila ci avrebbe riprovato, nonostante la stanchezza del primo tentativo. Leila era determinata, lo è sempre stata, anche quando le forze da sole non bastavano. E' la chiave per il successo, ma la medesima chiave apre più porte, che a volte danno sull'abisso. Leila era stata da poco raggiunta da tre alpinisti del suo paese, che mi ha presentato. Dubito però fossero quelli della spedizione ufficiale iraniana di 6 membri da poco giunta al c.b. per tentare il G2. Non conosco e forse non si sapranno mai con esattezza le circostanze della caduta (malore, cedimento di un ancoraggio, sfinimento) ma non credo sia così importante conoscere l'esatta dinamica. Ciò che conta è la consapevolezza della scomparsa di una persona, di un'amica, che sino a ieri c'era e ora non più, se non nel ricordo di chi le ha voluto bene. Mi rattrista veder scomparire l'unica donna rimasta impegnata sul G2. Tra tanti alpinisti presenti, saliti per lo più per vanità, l'unica a mio avviso che avrebbe davvero meritato di farcela sarebbe stata Leila, perché testimone di un sogno di libertà per le donne del suo paese.
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