Pagina 1 | 2
Stiamo vivendo momenti difficili: il giorno della vetta di Edurne erano saliti anche quattro argentini, di cui solo due sono tornati al campo base, uno con congelamenti (ed è stato già portato via con l'elicottero). Degli altri due, uno non è più sceso dalla vetta e il suo compagno l'ha atteso per tre giorni al c3. Ormai allo stremo, oggi sta tentando di scendere e noi abbiamo organizzato un salvataggio con i nostri sherpa per aiutarlo: purtroppo il maltempo ha bloccato gli sherpa al c2. In questo momento l'alpinista argentino è fermo tra il c3 e il c2; se riuscirà a scendere ancora gli sherpa lo porteranno giù, ed è quello che tutti noi ci auguriamo. Purtroppo le spedizioni grosse se ne sono già andate, e restano pochi alpinisti. La montagna si fa sempre più pericolosa, i crepacci sono aperti - anche se continua a nevicare - e il vento spazza le tende. Alice, Andrea L e Alberto hanno deciso di rinunciare. Adriano e io faremo un tentativo questa settimana, probabilmente partiremo mercoledì, perché sembra che il tempo sarà migliore (non ottimo) sino a sabato sera. Ci siamo messi d'accordo con una spedizione di polacchi e kazaki, e andremo su insieme.
Prima di tutto la buona notizia: l'alpinista argentino, Christian, ieri ha raggiunto il c2 e i nostri sherpa lo stanno accompagnando al campo base in questo momento. Li aspettavamo un paio di ore fa, ma evidentemente la spossatezza e i congelamenti che ha riportato alle dita dei piedi lo fanno rallentare. Siamo proprio contenti, se ha avuto salva la pelle deve sicuramente ringraziare Alice e Andrea che hanno permesso ai loro sherpa di salire invece che accompagnarli al campo base. Alberto è partito questa mattina con l'elicottero, Alice e Andrea se ne andranno domani mattina. Andranno a Marpha, Jomson e poi qualche giorno a Pokhara a rilassarsi, dove li raggiungeremo Adriano e io dopo il nostro tentativo di vetta. Che comincia domani mattina. Le previsioni meteo non sono esattamente incoraggianti, ma abbiamo proprio voglia di provarci comunque, pronti a rinunciare se il vento dovesse essere troppo forte o la salita troppo rischiosa. Alice e Andrea sono contenti di dove sono arrivati, di quel che hanno fatto, e soddisfatti di questa esperienza in alta quota: non è da tutti provare un ottomila e aggiunge sicuramente qualcosa in più a un alpinista. Bravi ragazzi. Grazie per averci scritto, Andrea, e a presto!
Campo 1, prima tappa. Adriano e io ci siamo svegliati belli pimpanti e siamo partiti. Un po' emozionati, con qualche speranza ma con un occhio ben attento al meteo. Si prevede neve per tutto il pomeriggio di oggi e anche nella serata di domani, ma si sa, non sempre i meteorologi ci azzeccano... Questa mattina sono partiti anche Alice e Andrea, e Christian Vitry con l'elicottero che abbiamo chiamato per lui. Del suo compagno, Dario Bracali purtroppo nessuna notizia. Christian aveva raggiunto la vetta il primo maggio, mentre Dario si era sentito stanco ed era tornato al campo 3. Il giorno dopo, riposato, aveva deciso di riprovare, mentre Christian l'ha aspettato al c3. Ha trascorso a 7600 m quattro giorni, dal 30 aprile al 4 maggio, un'enormità di tempo. Era stremato, nel fisico e anche nell'animo. Cerchiamo di non pensarci, e di continuare con serenità la nostra avventura.
Campo 2, 6700 metri. Nel pomeriggio e sera di ieri sono caduti 30 centimetri di neve e sembra che lo stesso si ripeterà domani e sabato, giorno in cui – se possibile – vorremmo tentare la vetta con i polacchi e i kazaki. Da domenica in poi sembra che nevicherà tutto il giorno. Domani cominciano le vere difficoltà della salita, a partire dalla cresta (foto a fianco) che porta verso il campo 3. I vostri due eroi preferiti stanno bene e hanno tanta voglia di tentare, ma – tranquilli! – non di strafare.
Thank you, Gerfried! It’s not easy, it seems that the monsoon has decided to arrive earlier, this year. Now we are in camp 2, under the snow, with a polish an a kazak expedition, firmly convinced to reach the summit. Tomorrow camp 3 and Saturday (perhaps) summit. The weather forecast says snow for Friday and Saturday in the afternoon and in the evening, and snow all day since Sunday. The real difficulties start from camp 2, and increase from 3 to summit due to the wind. We will try to do our best with a pinch of good sense, well remembering that two alpinists died on Dhaula last week.
Campo base per me, campo 3 per Adriano. Durante la notte sono caduti altri 30 centimetri di neve, e siamo partiti verso il campo 3 salendo tra le nuvole. A metà strada, complice anche il mal di testa, ho deciso di rinunciare e da solo sono ritornato al base, con valanghe che venivano giù in continuazione e non senza aver infilato un piede in un crepaccio: la neve fresca ha coperto i crepacci, che comunque sotto sono rimasti aperti. Adriano e le altre due spedizioni hanno invece deciso di proseguire, raggiungendo il c3. Ho appena sentito Adriano alla radio e mi ha detto che non c'è modo di salire, al c3 ci sono 70 cm di neve e si aggiunge quindi il rischio ulteriore di non aver più nessuna traccia nella discesa. Domani quindi anche Adriano scenderà, forse direttamente al campo base. Pensare che anche alpinisti fortissimi come Ivan Vallejo, Edurne e Gerlinde hanno tentato più volte questa montagna, non è che ci tira su di morale, ma almeno - come dice il proverbio - ci fa sentire un po' meno delusi.
Adriano è arrivato e stiamo preparando i barili per domani mattina. Ci attende una tappa di una decina di ore fino a Marpha. Contimao di essere a Katmandu per il 12, massimo il 13 e poi il prima possibile cercheremo di ritornare a casa. Ieri ho fatto un colpo, quando ho chiamato il nostro corrispondente nepalese per sapere come stava andando il ritorno di Alice e Andrea e ho scoperto che non solo lo sherpa era arrivato a Marpha e che di loro non c'era traccia. Avevo già chiamato Roma, per organizzare una ricerca con l'elicottero. Li credevo già davanti a un bicchiere di birra o a passeggio per Pokhara e invece... Non ho ancora capito bene cosa sia successo, me lo farò raccontare quando li vedrò, certo è che non si può mai stare tranquilli! Quando arriveremo a Katmandu spero di poter mandare qualcuna delle foto che ho scattato e poi chiuderemo questo blog. Adriano e io stiamo bene, un po' di tosse, tanta stanchezza, un morale non proprio alle stelle, ma tant'è, ci proveremo ancora.
Spettacolare! Il più bel trekking che abbia mai fatto, dieci ore di saliscendi mozzafiato dal campo base del Dhaulagiri fino a Jonsom. Durissimo, tanto che il Baltoro sembra la passeggiata mattutina all'edicola dei giornali, con un passo a 5600 m sotto la neve, così che arrivati a 2500 m ci sembrava di volare, dopati di ossigeno com'eravamo! Complimenti a Carlo, che l'ha fatto in surplace. Arrivati a Marpha - che doveva essere la nostra ultima tappa - abbiamo deciso di fare un ultimo sforzo e in altre due ore abbiamo raggiunto Jomsom. Purtroppo non ci sono posti disponibili in aereo, e così domani prenderemo una jeep fino a Beni e subito l'autobus per Pokhara: lì ci riposeremo un paio di giorni, tanto i bagagli ci metteranno ancora un po' prima di arrivare. Ci siamo bevuti la nostra prima birra dopo 25 giorni e, devo dire, siamo un po' brilli...
Dodici ore interminabili e tre cambi di mezzi hanno portato me ed Adriano da Jomsom a Beni e poi a Pokhara. Peccato che ora ci sia una strada sterrata, percorribile in jeep, tra Jomosom e Beni, che le collega in poche ore, togliendo molto fascino al trekking intorno all'Annapurna nel tratto che segue la Kali Gandaki. Ma si può forse fermare il "progresso"? Adriano e io abbiamo viaggiato da Beni a Pokhara sul tetto di un bus di linea stracolmo, ma la prospettiva di una birra gelata e di una succulenta chateaubriand alla Everest Steak House di Pokhara ci hanno spronati anche in quest'ultima "impresa". Alle 18 siamo arrivati in città e, dopo aver preso alloggio in un alberghetto scelto a caso, siamo andati a cena senza neppure lavarci. Ci eravamo appena seduti quando abbiamo visto entrare Andrea in compagnia di Alice, calmi e rilassati. Finalmente riuniti, ci siamo raccontati le nostre ultime reciproche vicissitudini, e così abbiamo saputo cos'era successo quando - per un periodo di circa 24 ore, nel tratto di trekking che scende dal French Pass (5360 m) sino a Marpha - non si sapeva nulla di loro. Come ho gia' avuto modo di scrivere si tratta di un tratto difficile e impervio, bellissimo ma pericoloso, intorno ai 5000 m di quota che si sviluppa per oltre 10 km. Ogni pomeriggio in genere si copre di nubi e spesso nevica, cancellando ogni traccia di passaggio. Per farla breve, i nostri sono stati "abbandonati" dallo sherpa Kanccha che li stava accompagnando a Marpha poco dopo aver superato il passo, con la scusa che aveva fretta di trovare la mamma malata (ma assai piu' probabilmente perche' non vedeva l'ora di incassare la munifica mancia promessagli da Alberto una volta rientrato a Katmandu). Così, Andrea ed Alice, non trovando più le tracce di passaggio, cancellate dal buio incombente e dalla tormenta di neve, si sono ritrovati soli, senza sapere che strada prendere, tra dirupi e ghiacciai. Sono scesi alla cieca, con la neve che intanto si trasformava in pioggia e penetrava sino alle ossa. Perso nel buio l'impervio sentiero per scendere a valle, Alice e Andrea stanchi e affamati, improvvisato un bivacco accanto ai ruderi di una vecchia stalla per yak, sono riusciti per fortuna ad accendere un fuoco. Al mattino, con la visibilità migliorata, un pastore di passaggio trovato per un caso fortuito li ha poi condotti sani e salvi a valle (dietro un compenso di 800 Rupie!) arrivando al villaggio di Marpha lungo la Kali Gandaki, verso le 10 del mattino. Raggiunta in jeep Jomsom qualche ora dopo, i nostri non hanno piu' trovato traccia del buon Kanccha, che a quanto pare non si e' degnato di attenderli neppure per 24 ore, salvo chiamare l'Agenzia e richiedere un elicottero di socorso! (Perfettamente inutile, peraltro, vista l'orografia e il meteo delle impervie valli che precipitano dal massiccio del Dhaulagiri sulla Kali Gandaki). I due intrepidi, dopo un giorno di riposo, hanno raccontato di aver preso l'aereo e di aver raggiunto infine Pokhara. Per superare lo stress patito, Andrea a Alice hanno pensato bene di concedersi un bel giorno di rafting sul Trisuli e per poi finire in bellezza con un monumentale filetto alla Everest Steack House di Pokhara... desiderio comune che ci ha fatto ritrovare. Tutto è bene quel che finisce bene, ma farò le mie rimostranze per negligenza allo sherpa Kanccha e all'agenzia che ce lo ha raccomandato.
La spedizione si avvia ormai alla conclusione, ma dobbiamo ancora attendere i nostri bidoni coi materiali, che arriveranno a Katmandu lungo il sentiero che abbiamo fatto dell'andata non prima del 18 maggio. Così, Adriano e io abbiamo pensato di fare a nostra volta un bel rafting di 3 giorni lungo la Kali Gandaki mentre Alice a Andrea se ne andranno a Katmandu per una visita al parco nazionale di Chitwan, tra elefanti, rinoceronti e ... tigri!
Come d'accordo, oggi pomeriggio ci siamo ritrovati tutti presso il mitico hotel Thamel di Kathmandu. Domani arriveranno i bidoni, che dovremo aprire e sistemare in vista del cargo che pensiamo di spedire nei prossimi giorni per evitare i soliti problemi di eccedenza bagaglio. E' tempo degli ultimi acquisti e incombenze, prima del volo di ritorno, che avverrà probabilmente intorno al 20 maggio. In conclusione, la vetta non c'è stata. Col senno di poi ora sappiamo che l'unica finestra di salita sul Dhaulagiri quest'anno è caduta intorno al 1 maggio. Purtroppo, i nostri tempi non erano compatibili con questa ristrettissima finestra: saremmo dovuti partire almeno due settimane prima, ma sarebbe stato impossibile a causa di precedenti impegni lavorativi e di ferie di alcuni di noi. Ci abbiamo ugualmente provato, e ci siamo anche divertiti (nel modo strano, contorto e un po' masochistico in cui si "divertono" gli alpinisti d'alta quota), senza contare il piacere della ritrovata compagnia di Gerlinde, Edurne ed Ivan Vallejo (al suo 14-esimo 8000), tutti professionisti gentili e disponibli con cui abbiamo condiviso questa avventura e rinsaldato l'amicizia, l'unica cosa che conta davvero sopra e sotto le grandi montagne del mondo.